Gli immigrati portano ricchezza: occorre lavorare  per una loro piena inclusione

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Di seguito la posizione dell’assessore di competenza sul fenomeno migratorio, così come è stata esposta nel corso della prima conferenza indetta dal governo della Regione

di Nuccia Albano
Assessore regionale alla Famiglia, alle politiche sociali e del Lavoro

Le attuali politiche sull’immigrazione rispondono spesso soltanto a criteri emergenziali. Non può più essere così. Le cause della migrazione sono numerose e vanno da sicurezza, demografia e diritti umani fino al cambiamento climatico. I fattori di spinta sono i motivi che spingono le persone a lasciare il proprio paese mentre quelli di attrazione sono invece i motivi per cui le persone si spostano verso un determinato Paese. Ci sono tre principali fattori di spinta e di attrazione: fattori socio-politici, demografici ed economici e ambientali. 

Tra i motivi socio-politici che spingono le persone a scappare dal proprio Paese ci sono le guerre, le persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali. Negli ultimi anni le persone arrivano in Europa per fuggire da conflitti, terrore e persecuzione nel Paese d’origine. Nel 2019, nell’UE è stato riconosciuto lo statuto di protezione a 295.800 richiedenti asilo, oltre un quarto dei quali provenienti dalla Siria, seguiti da profughi afgani e iracheni.

Inoltre, i cambiamenti demografici ci dicono come le persone si spostano e migrano. Fattori come l’invecchiamento o la crescita della popolazione possono influire sia sulle opportunità lavorative nei Paesi d’origine sia sulle politiche d’immigrazione nei paesi di destinazione.

L’immigrazione demografica ed economica è legata a condizioni di lavoro, disoccupazione e stato di salute generale dell’economia di un Paese.

Altro fattore di migrazione è l’ambiente: le persone scappano da disastri naturali come inondazioni, uragani e terremoti. Con i cambiamenti climatici si prevede un peggioramento degli eventi climatici estremi e quindi un aumento del numero di persone in movimento.

Fattori come crescita della popolazione, povertà, sicurezza umana e conflitti rendono difficile calcolare con precisione il numero di migranti ambientali presenti nel mondo. Le stime variano dai 25 milioni a un miliardo di migranti ambientali entro il 2050.

L’Italia ha conosciuto l’immigrazione come fenomeno sociale da poco più di 30 anni e, a differenza della Gran Bretagna, della Francia, della Spagna e dei Paesi Bassi, non ha acquisito una consolidata esperienza nei rapporti con le colonie. Dopo essere stato un importante Pese di emigrazione, con 24 milioni di espatri dal 1876 al 1976, si è trovata di colpo in uno status invertito ed ha iniziato a ricevere flussi di immigrati.

Adesso è evidente che gli immigrati costituiscono parte integrante del nostro tessuto sociale ed è proprio sulla base di questo fattore che è necessario lavorare per costruire una società inclusiva e aperta al pluralismo, consapevoli del fatto che una convivenza fruttuosa dipende dallo sforzo di capirsi a vicenda e di adattarsi gli uni agli altri.

Dobbiamo comprendere che l’immigrazione può portare ricchezza alla società europea, anche da un punto di vista culturale. Questo potenziale positivo può essere sfruttato soltanto grazie all’acquisizione di una mentalità basata sul reciproco adattamento e su un concetto di integrazione diverso rispetto a quello proposto nel passato, che permetta a noi a agli immigrati di convivere stabilmente.

Una sorta di laboratorio dove sia i Paesi di immigrazione di vecchia data sia quelli di nuova immigrazione siano chiamati a costruire, anche con il contributo degli immigrati, un nuovo modello di convivenza, più europeo e meno calibrato sulle esigenze del singolo Stato comunitario.

La prima Conferenza regionale sul fenomeno migratorio, tenutasi lo scorso 15 dicembre, ha rappresentato una grande occasione, per tutti noi, di confronto sulle questioni collegate al fenomeno migratorio e mirata a costruire una strategia condivisa avente l’obiettivo di garantire una piena integrazione dei cittadini stranieri presenti in Sicilia.

Lo strumento sarà il Piano triennale per l’accoglienza e l’inclusione al quale si lavora da tempo alla sua stesura.

La Conferenza ha assunto un significato ancora più rilevante se lo si collega al ruolo che la Sicilia, sul tema immigrazione, è chiamata a svolgere a tutti i livelli.

Un ruolo che non è soltanto collegato alla sua posizione geografica, al centro del mediterraneo, ma soprattutto alla responsabilità che deriva dalle funzioni assegnate alla Sicilia di coordinamento politico a livello nazionale (unico per la Sicilia) della Commissione immigrazione nell’ambito della Conferenza delle regioni, nella quale, attraverso il mio personale impegno, saranno trattate tutte le tematiche legate al fenomeno. Inoltre, al ruolo, di nuova assegnazione, di regione capofila delle 5 regioni del sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) che, in partenariato, hanno dimostrato di saper attuare azioni capaci di rispondere al grave sfruttamento lavorativo e al caporalato, e non solo, e di costruire un modo nuovo di governare i fenomeni ad esso collegati.

Dovremo dimostrare di saper dare continuità e rafforzare l’azione fino ad ora svolta. Per questo serve la collaborazione di tutti.

In questa strategia di governo la legge regionale per l’accoglienza e l’inclusione, alla quale siamo chiamati a dare completa attuazione, rappresenta un sicuro pilastro che ci permette come Regione di presentarci agli appuntamenti nazionali ed europei, potendo altresì contare sul Piano Triennale per l’accoglienza e l’inclusione.

Occorre una sinergia con tutte le altre regioni, ove il fenomeno è alla pari e in alcuni casi anche maggiore rispetto a quello che occupa la Sicilia. Particolare importanza ed attenzione delle Istituzioni è la lotta al caporalato, allo sfruttamento degli immigrati, alla tratta.

Occorre sostenere le comunità locali, sul piano degli interventi finanziari e culturali, per facilitare percorsi di inserimento e servizi per famiglie di immigrati. La Regione ha sostenuto un progetto sperimentale che coinvolge i Comuni delle Madonie a rischio spopolamento, per fa sì che comunità di immigrati possano trovare all’interno di queste realtà spazi abitativi, servizi e opportunità di lavoro. Il nostro artigianato e la nostra agricoltura ne ha un grande bisogno.

 

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